26 giugno ’23
Il pasto di ieri è stato leggerissimo e salutare, ma stamattina parto in cerca di cibo.
Devo riempire la pancia e mettere un po’ di benzina nelle gambe.
Pedalo nel freschetto verso Pomposa, tra gli arcobaleno degli irrigatori dei campi di mais.
Sontuosa colazione al Chiosco dell Abbazia, seduto al bar in attesa che aprano il Chiostro e la chiesa. E’ già pieno di turisti, americani e Giapponesi: facciamo colazione insieme, io come loro con CupCino e pizza.
Entro nella Abbazia, la immagino piena di turisti col telefonino e invece è deserta.
Sono già tutti ripartiti, dopo una poetica foto con campo di lavanda e chiesa sullo sfondo, verso nuovi traguardi fotografici probabilmente a Ravenna.
Oggi mi godo il ritmo lento della costa, piena di lidi, Ferraresi, Estensi ecc..
C’è una ciclabile nel bosco di pini che costeggia il mare e mantiene il fresco.
Incrocio in bicicletta signore romagnole oversize, anziani con canne da pesca ciclisti in pantaloncini e scarpette, tutti insieme.
E poi i tricicli. Sono sensibile a questo oggetto. Qui ne incontri di grandi, col cestello posteriore, per le villeggianti con l’ombrellone e la seggiolina da spiaggia, e piccoli piccoli, per i bambinetti che si spostano con le mamme al seguito.
Pausa pranzo di rito per ricaricare il cellulare, il vero metronomo del viaggio, e poi dopo l’ultimo traghetto per superare un canale, giro verso l’interno sulla ciclabile che attraversa il parco del Delta del Po.
Una sorpresa. E’ una striscia di terra battuta, quasi un sentiero, stretta su un argine tra due distese da acqua e da entrambe le parti, sull’ orizzonte una strisciolina di terra.
Il rumore della biciclettina fa alzare gabbiani e aironi assopiti al sole.
Magia dei posti calmi e deserti. Ascolto anche io la bici , gli uccelli e il silenzio.
Mi fermo, respiro e basta.
Qui per un po’ aspetto il niente, quel niente però che basta e riempie, tra le Valli di Comacchio, le valli più piatte che uno possa immaginare.
Mi rimetto a pedalare di malavoglia, fino alla stazione di Ravenna.
Ritorno in treno a casa, leggero, la bici pieghevole sta sotto il mio sedile, docile.
Ultima pedalata verso casa al buio: il fanalino è rotto.
Sono un pivello, devo migliorare nei dettagli e negli accessori se voglio ipotizzare un prossimo viaggetto.
Ma sono contento, ho rispettato i miei ritmi e assaporato le tracce e i segni che ho incontrato.